Il primo nucleo della pinacoteca civica si forma nel 1829, con l'acquisizione delle opere provenienti dalle soppresse corporazioni religiose, che costituiranno la Galleria dell'Accademia. Nel corso del secolo la raccolta si arricchisce grazie al contributo dei cittadini che concorrono ad incrementare il patrimonio pubblico con lasciti e depositi, in un effervescente clima di competizione civica per dar lustro alla pubblica collezione. La Galleria, riordinata da Corrado Ricci, comprende più di 300 opere, tra dipinti e sculture, riferibili ad un arco cronologico che va dal XIV al XIX secolo. Un'ampia rassegna di tavole di piccolo formato del XIV e del XV secolo, destinate perlopiù alle celle monastiche, testimoniano le relazioni della Città con i più importanti centri di produzione, dagli ambienti veneti e padovani, all'ambiente emiliano, più precisamente bolognese e ferrarese, sino a quello toscano e marchigiano. Di questo periodo si conservano piccole tavole dalla carpenteria mistilinea e polittici di dimensioni ridotte ascrivibili al Maestro del Coro Scrovegni, Guglielmo Veneziano, Matteo di Giovanni, Lorenzo Monaco, Taddeo di Bartolo, Antonio Vivarini.
Di grande rilevanza, per la conoscenza delle vicende artistiche che si svilupparono in Romagna nell'età di transizione tra le corti signorili e la dominazione pontificia, è il nucleo significativo di opere che si collocano tra la fine del Quattrocento e la prima metà del Cinquecento: a questo nucleo appartengono i dipinti di Baldassarre Carrari, Marco Palmezzano, Nicolò Rondinelli, Francesco e Bernardino Zaganelli, insieme ai protagonisti della stagione del raffaellismo in Romagna, Bartolomeo Ramenghi detto il Bagnacavallo, Girolamo Marchesi da Cotignola, Luca Longhi con i figli Francesco e Barbara.
Dello stesso periodo si conservano opere che documentano i mai esauriti rapporti col Veneto, anche in età protratte oltre la dominazione veneziana. Tra gli autori si possono citare: Bartolomeo Montagna, Marco Bello, Luca Antonio Busati, Cima da Conegliano, Pietro degli Ingannati, Francesco Rizzo da Santacroce e il suo ambito, Paris Bordon. Di grande rilievo per il patrimonio della Città è il monumento funebre di Guidarello Guidarelli, realizzato da Tullio Lombardo nel 1525, e reso celebre soprattutto dalla letteratura dannunziana che ne ha fatto una leggenda.
Una pagina fondamentale per lo sviluppo del linguaggio artistico in Romagna nell'Età della Maniera è il dipinto realizzato da Giorgio Vasari nel 1548, Compianto su Cristo deposto dalla Croce, su commissione del Monastero di Classe. Un archetipo iconografico che ha avuto larga fortuna. I rapporti con gli ambienti ferraresi sono documentati da pregevoli opere di Dosso Dossi, del Bastianino e del Bastarolo. Alla tarda Età della Controriforma si riferiscono le opere di Jacopo Ligozzi, Camillo Procaccini, Matteo Ingoli.
Opera fondamentale nell'iconografia del San Romualdo è il grande dipinto di Guercino, realizzato per l'Abbazia di Classe, fra i committenti più importanti della città. Al Guercino si affiancano i dipinti della bottega dei Gennari, di Alessandro Tiarini, di Cecco Bravo. Nella seconda metà del Seicento, sino agli inizi del Settecento, si collocano le opere di Carlo Cignani, Marcantonio Franceschini, Giovan Gioseffo Dal Sole, Luigi Crespi, Arcangelo Resani.
Alcuni testi pittorici di Andrea e Domenico Barbiani sono le poche testimonianze della fertilissima attività di una bottega che a Ravenna ha avuto grande rilevanza per la presenza continua sulla scena cittadina, durata quasi centocinquant'anni, a partire dagli inizi del XVII secolo.
Un nuovo slancio nelle acquisizioni, attraverso le diverse forme del deposito, del lascito testamentario, della donazione e dell'acquisto, si registra nel corso dell'Ottocento con l'apporto di dipinti di destinazione privata. Di questo periodo si segnala le significative presenze di Giambattista Bassi, Antonio Ciseri, Telemaco Signorini, Giuseppe Abbati, Arturo Moradei, Angelo Torchi, Luigi Serra, Ettore Tito, Domenico Miserocchi.