La
Pinacoteca Metropolitana di Bari “Corrado Giaquinto” di Bari è di istituzione relativamente recente. Essa nacque infatti ufficialmente, il 12 luglio 1928, dalla confluenza del nucleo di dipinti (qui pervenuti in seguito alla soppressione dei conventi nella seconda metà dell’800) già conservati nella Pinacoteca annessa al Museo Archeologico Provinciale sorto nel 1875, di altri dipinti ceduti a titolo d
i deposito da chiese e conventi pugliesi, di opere ottenute in prestito dalle Gallerie Nazionali di Napoli e di Roma e di altre acquistate dalla stessa Amministrazione Provinciale di Bari.
Così come si presenta attualmente, la Pinacoteca fornisce un’ampia documentazione dell’arte pugliese – o in relazione con la Puglia – dall’XI al XX secolo.
Il materiale esposto comprende: una sezione medievale (sculture dei secc. XI-XV, icone pugliesi dei secc. XII-XIV); dipinti veneti provenienti da chiese della regione (sono presenti opere di Antonio e Bartolomeo Vivarini, Giovanni Bellini, Paris Bordon, Paolo Veronese, Jacopo Tintoretto); dipinti pugliesi dei secc. XV-XVI (Tuccio d’Andria, Costantino da Monopoli, Andrea Bordone); dipinti napoletani o di scuola napoletana dei secc. XVI-XVIII (con opere di Marco Pino, Paolo Finoglio, Maestro degli Annunci, Andrea Vaccaro, Francesco Solimena, Lorenzo De Caro, Luca Giordano, Paolo de Matteis, Francesco De Mura, Giuseppe Bonito, Fedele Fischetti, Domenico Mondo); un prezioso nucleo di dipinti del Giaquinto; una raccolta di pittura dell’800 (con le prestigiose presenze di Giuseppe De Nittis, Francesco Netti, Domenico Morelli, Giovanni Boldini, Teofilo Patini, ecc.).
Notevole il nucleo di maioliche, per lo più di produzione pugliese del Sei e Settecento, pervenute in Pinacoteca attraverso la donazione De Gemmis, avvenuta nel 1957. Un anno dopo veniva invece donato il grande presepe cosiddetto Caleno (dal nome del proprietario originario), consistente in circa 500 “pastori” – presepe che, pur difforme per cronologia, materiali, qualità stilistica, vanta comunque esemplari di grande o grandissimo pregio risalenti ai secc. XVIII-XX.
Collezione Grieco
Nel 1985 Luigi Grieco, ingegnere romano d’elezione, ma di origine lucana (Rionero in Vulture 1913-Roma 1985 ), donò alla Pinacoteca barese la sua prestigiosa collezione di quadri, cinquanta dipinti italiani dall’Otto al primo Novecento, raccolti nell’arco degli ultimi trent’anni. L’argomento principale sul quale si sono maggiormente concentrati gli sforzi del mecenate è il movimento macchiaiolo, nella sua molteplicità e varietà di espressione. Infatti, il gruppo toscano al completo - manca solo Adriano Cecioni - è rappresentato con ventiquattro pezzi, tra cui spiccano autentici capolavori quali il Viale alle Cascine e lo straordinario Ritorno della cavalleria (1888) di Fattori, la preziosa Lettura di Lega, una versione dell’Arno alla Casaccia di Abbati, una piccola, preziosa Strada a Ravenna di Signorini e le Donne sulla terrazza di Banti, squisita tavoletta di piccolissime dimensioni. Segue, dopo i toscani, il gruppetto dei meridionali, tutti di scuola napoletana. Sono presenti Filippo Palizzi con un paesaggio alquanto insolito, Giuseppe De Nittis con una vivace scena di vita parigina, Michele Cammarano con un espressivo ritratto maschile, Gioacchino Toma, il cui intimismo lo colloca in certi momenti nelle vicinanze dei macchiaioli, con due opere, e infine Antonio Mancini, romano di formazione partenopea, con una sua tipica figura di donna di grande formato.
La presenza della triade veneta Guglielmo Ciardi, Giacomo Faretto, Luigi Nono, di Antonio Fontanesi e di Tranquillo Cremona, quest’ ultimo rappresentato con l’acquerello In ascolto, completano la documentazione articolata della pittura del secondo Ottocento e testimoniano al contempo le preferenze, il gusto e la cultura personale del collezionista, saldamente ancorato a un concetto di pittura figurativa. Questa tendenza si manifesta particolarmente bene nella sezione del Novecento, l’altro campo di interesse di Luigi Grieco; nella sezione, composta di undici opere. Prevale la pittura di paesaggio, introdotta da Pellizza da Volpedo con una importante opera divisionista: Una via di Volpedo, del 1903, immediatamente seguita da Angelo Morbelli con Angolo di giardino del 1912. I quadri di questa sezione sono tutti di altissimo livello, dal Paesaggio apuano di Lorenzo Viani, una rara opera del decennio Venti, a Burano di Filippo De Pisis, a Le montagne di Mario Sironi, al malinconico Paesaggio (1942) di Giorgio Morandi, dai colori cupi, eseguito a Grizzana nell’Appennino bolognese. Una simile atmosfera di contenuta tristezza si può cogliere nella Ragazza sulla poltrona di Felice Casorati, un quadro del 1939, particolarmente apprezzato dal collezionista per il suo cromatismo meditato.
Giorgio De Chirico si affaccia con una vivace interpretazione di un suo tema preferito, i Cavalli, già di proprietà del Museum of Modern Art di New York. Come un simpatico fuor d’ opera della collezione Grieco, così rigorosa e ponderata nelle sue scelte, appare infine Il sonaglio di Armando Spadini, ambientato nell’amato mondo familiare dell’artista fiorentino.
La collezione d’arte del Banco di Napoli
L’esposizione di una raccolta di ventitre dipinti del Banco di Napoli nella Pinacoteca è frutto di un comodato decennale rinnovabile stipulato tra lo stesso Banco e l’Amministrazione Provinciale di Bari il 9 settembre 2000. La raccolta non costituisce un insieme omogeneo né dal punto di vista cronologico né dal punto di vista dell’area culturale cui afferiscono gli autori dei dipinti, come dimostra la contemporanea presenza della piccola tavoletta del camerunese Giovanni Boccardi, risalente all’ottavo decennio del Quattrocento, insieme ad opere più tarde come la Sacra Famiglia con san Giovannino di ignoto lombardo attivo nel terzo decennio dell’Ottocento.
Ciononostante, è individuabile un nucleo principale costituito da opere napoletane o di presumibile provenienza napoletana. Tra queste particolarmente interessanti risultano il Cristo portacroce, qui attribuito ad ignoto pittore ispano-fiammingo del XVI secolo: una tavola che, costituisce un’autentica scoperta dato che, prima dell’intervento di restauro precedente all’esposizione, essa appariva completamente irriconoscibile a causa di una pressocchè totale ridipintura; le due freschissime telette restituite a Salvator Rosa, l’Immacolata Concezione già attribuita al Marulli, per la quale è plausibile ipotizzare una provenienza lucana, Il ratto di Proserpina, importante sontuosa tela di Giacomo Farelli, anch’esse restituite ad una migliore leggibilità. Napoletane sono anche le due grandi tele di scuola giordanesca, purtroppo irrimediabilmente compromesse da una vecchia, inadeguata foderatura che ne ha appiattito totalmente la già densa materia cromatica, e i cinque episodi della Gerusalemme Liberata, opera di Angelo Mazzillo.
In occasione del restauro, le due tele raffiguranti altrettante Nature morte, già autorevolmente attribuite a Gaspar Lopez, alla rimozione del denso beverone che ne offuscava completamente la superficie si sono rivelate opere “moderne”, anzi due autentici, anche se forse inconsapevoli ‘falsi’.
Abbiamo comunque scelto di esporle, perché riteniamo che una scoperta del genere, se debitamente spiegata, abbia una forte valenza didattica per il pubblico dei non addetti ai lavori.
Offerta didattica
Su prenotazione si offrono visite guidate all’interno e all’esterno della Pinacoteca (centro storico), informazioni e possibilità di concordare, con gli insegnanti, oltre a quelli proposti, itinerari tematici che si inseriscano organicamente all’interno della programmazione scolastica, che concorrono a stimolare la curiosità, la capacità di osservazione e meraviglia per la conoscenza del museo da parte degli utenti della scuola di ogni ordine e grado.